ESTINZIONE DEL REATO PER CONDOTTE RIPARATORIE

La legge n. 103/2017 nota come riforma Orlando ha introdotto nel Codice Penale l’art. 162-ter il quale, per i reati perseguibili a querela soggetti a remissione, permette al giudice di dichiarare l’estinzione del reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha posto in essere condotte riparatorie: riparazione integrale del danno con le restituzioni o il risarcimento e eliminazione, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato.

La riparazione deve realizzarsi nel termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, salva la richiesta di fissazione di un termine ulteriore, non superiore a 6 mesi, per il pagamento di quanto dovuto anche in forma rateale.

In tale caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito (che comunque non deve essere superiore alla durata di 90 giorni da questa scadenza) imponendo, se necessario, specifiche prescrizioni.

Naturalmente l’istituto delle condotte riparatorie non si può applicare per i reati che prevedono la non rimettibilità della querela (come gli atti persecutori se il fatto è commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art. 612, secondo comma) o alcuni casi di reati sessuali.

Aspetto molto importante è che il risarcimento possa essere offerto anche mediante offerta reale ai sensi dell’art. 1208 c.c. che sia formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta. Per essere congrua l’offerta deve comprendere oltre alla totalità della somma o delle cose dovute anche i frutti o gli interessi e le spese liquide, oltre a una somma per le spese non liquide.

In altre parole anche se la persona offesa querelante non dovesse accettare l’offerta risarcitoria (o meglio riparatoria) dell’imputato (perché magari la ritiene troppo bassa…), il giudice può comunque ritenere estinto il reato per condotte riparatorie laddova la ritenga congrua.

Il giudice, quindi, ha l’importante potere di dichiarare estinto il reato anche contro la volontà della persona offesa: per questo si ritiene che tale nuovo strumento introdotto dalla riforma Orlando possa avere degli effetti molto rilevanti in termini di definizione dei procedimenti penali soprattutto laddove nascando da querele spesso “strumentali” a pretese civilistiche.

L’imputato, inoltre, può chiedere un termine per provvedere al pagamento quando dimostra di non aver potuto adempiere.

La nuova disciplina delle condotte riparatorie si applica anche ai processi in corso nei quali sia già stato dichiarato aperto il dibattimento. Se impossibilitato ad adempiere per causa a lui non imputabile, inoltre, l’imputato può chiedere al giudice, nella prima udienza successiva all’entrata in vigore della riforma, di provvedere al pagamento anche in forma rateale di quanto dovuto entro un termine di sei mesi.

Orbene, per i tecnici del diritto sorge immediatamente una questione.

Tale istituto si applica nel caso in cui il Tribunale, all’esito di un giudizio, in sentenza, riqualifichi il fatto inizialmente considerato come un reato procedibile d’ufficio in un reato, magari meno grave, procedibile a querela?

A stretto rigore dovrebbe subentrare il potere di applicare tale disciplina da parte del giudice dell’impugnazione su sollecitazione della difesa appellante.

Avv. Marco Napolitano